ILLEGITTIMITA’ “SOPRAVVENUTA” DEL BLOCCO CONTRATTUALE
Finalmente abbiamo le motivazioni della Sentenza della Suprema Corte, relativamente alla illegittimità costituzionale di alcune norme che hanno imposto il blocco dei rinnovi contrattuali e della contrattazione dal 2010.
La sentenza porta il n. 178 ed è del 23 luglio scorso. Riassume e sentenzia sulle eccezioni di costituzionalità rilevate dai giudici del Tribunale di Ravenna e di Roma, confermandone la “illegittimità costituzionale sopravvenuta” (e poi si dice che i giudici non hanno fantasia) “a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione della presente sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica”.
I Giudici della Corte motivano questa decisione con il fatto che l’emergenza economica, pur potendo giustificare il fermo di tutta la contrattazione (di primo livello e quella integrativa finalizzata alla retribuzione), non possa essere una giustificazione perenne ad un protrarsi del “blocco” delle retribuzioni. Si finirebbe, in tal modo, per oscurare il criterio di proporzionalità, riferito alla quantità e alla qualità del lavoro svolto. Tale criterio, aggiungono i giudici costituzionali, è strettamente correlato alla valorizzazione del merito affidata alla contrattazione collettiva (qui esce anche la vena comica…), ed è destinato a proiettarsi positivamente nell’orbita del buon andamento della pubblica amministrazione come previsto dall’art. 97 della Costituzione.
Le norme censurate sono:
- l’art. 16, comma 1, lettera b), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, come specificato dall’art. 1, comma 1, lettera c), primo periodo, del d.P.R. 4 settembre 2013, n. 122 (Regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, a norma dell’articolo 16, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111);
- 1, comma 453, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014);
- 1, comma 254, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2015).
A sostegno di detta tesi la Corte Costituzionale dichiara che, nei limiti tracciati dalle disposizioni di legge, il contratto collettivo è una imprescindibile fonte del diritto che disciplina anche il trattamento economico, nelle sue componenti fondamentali ed accessorie, “i diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro, nonché le materie relative alle relazioni sindacali”.
Se i periodi di sospensione della contrattazione non possono essere ancorati al rigido termine di un anno, è di contro innegabile che tali periodi debbano essere comunque definiti e non possano essere protratti senza un termine indicato.
Viceversa, il carattere di continuità della sospensione, in atto dal 2010, produce uno sbilanciamento irragionevole tra libertà sindacale, indissolubilmente connessa con altri valori di rilievo costituzionale e già vincolata da limiti normativi, ed esigenze di razionale distribuzione delle risorse e controllo della spesa.
Ora e proprio ora, non prima e neppure più in là, a parere dei giudici si è manifestata a pieno la natura strutturale della sospensione della contrattazione e può, pertanto, considerarsi verificata la sopravvenuta illegittimità costituzionale.
Un ammirevole ragionamento per giustificare la diversa decisione (in quel caso retroattiva) presa sulla legge Fornero poco tempo prima sempre dalla stessa Corte Costituzionale.
Come mai solo la Confsal ha presentato il Ricorso? Non è che i Sindacati pensavano che rano un bene per i lavoratori il blocco della contrattazione?
Anche per stavolta il leggendario “Giudice di Berlino” ce lo scordiamo